Aristula, Melisso e Leucasia: la leggenda dei due mari

Martedì 15 aprile 2025✍️
Nave Vespucci ha lasciato il porto di Brindisi e sta navigando verso Taranto.
In giornata doppierà il Capo di Santa Maria di Leuca, l’estremità meridionale del “tacco” d’Italia
LA LEGGENDA DEI DUE MARI
Nonostante il confine ufficiale sia fissato più a Nord, nel Canale d’Otranto, in determinate condizioni climatiche è possibile vedere al largo di Marina di Leuca, all’ estremità meridionale del “tacco” d’Italia, una linea di demarcazione tra le correnti provenienti dal Golfo di Taranto e quelle dal Canale d’Otranto che divide i due mari. Un raro fenomeno determinato dalle diverse caratteristiche delle acque che si manifesta con una accentuata differenza di colore percettibile anche all’occhio dei più distratti. Lo spettacolo è bellissimo!
Un abbraccio così è osservabile in pochi altri luoghi al mondo: in Grecia, in Alaska e in Nuova Zelanda.
LA LEGGENDA
Al tempo dei Messapi, quando vi era un tempio dedicato alla dea Minerva, il punto di incontro tra il Mar Ionio e il Mare Adriatico era dominato da una divinità dalla pelle candida, metà donna e metà pesce chiamata Leucasia che con il suo canto attirava chiunque;
Sebbene le sue doti seduttive fossero ritenute infallibili, ella non riuscì nel suo intento con un giovane, chiamato Melisso, troppo innamorato della sua ragazza Aristula.
Leucasia, irritata per questo, si volle vendicare: una volta sorprese i due amanti che stavano abbracciati su una spiaggia, sprigionando un vento tanto forte da separarli, gettarli sugli scogli e ucciderli. Aristula venne scaraventata da una parte del golfo, mentre Melisso fu scagliato dalla parte opposta;
La dea Minerva assistette alla terribile azione di Leucasia e, per pietà, decise di rendere i due amanti immortali tramutandoli in rocce, che oggi sono Punta Ristola e Punta Meliso, che sembrano quasi guardarsi l’un l’altra.
Anche Leucasia si tramutò in pietra per il rimorso: divenne la più bianca delle rocce, cioè l’attuale Santa Maria di Leuca.
( Bitta scripsit VI VII MMXXI )
Cieli sereni
PG