11 marzo 1921 – nasce Astor Piazzolla

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Nave Vespucci in porto a La Plata 🇦🇷

ACCADDE OGGI…
…l’ 11 marzo 1921

Quel giorno nasce a Mar del Plata Astor Piazzolla, musicista, compositore e arrangiatore d’avanguardia, considerato da alcuni l’esponente più importante della musica argentina ed è in generale tra i più importanti musicisti del XX secolo.
Figlio di italiani (il babbo da Trani in Puglia e la mamma da Massa Sassorosso di Villa Collemandina in Toscana), Astor Piazzolla è considerato colui che ha rivoluzionato il mondo del tango
per il fatto di aver introdotto, nella sua orchestra, strumenti che tradizionalmente non si usavano per suonare il tango argentino (il Nuevo Tango ). 💃

CURIOSITÀ
Mar del Plata, città costruita dagli italiani alla fine del XIX secolo, gli ha reso omaggio intitolandogli, nel 2008, l’aeroporto.

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Cieli sereni
PG

Ascolta per qualche secondo il suo Nuevo Tango:

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/ab/Bandone%C3%B3n.ogg




5 marzo 1943: Lucio Battisti

ACCADDE OGGI…
… il 5 MARZO 1943

🎼 Come può uno scoglio arginare il mare… 🎶

Esattamente un giorno dopo la nascita di Lucio Dalla, il 5 marzo 1943, viene alla luce un “altro Lucio” cantautore della musica italiana: Lucio Battisti.
Anche se non è più tra noi da oltre 25 anni (scomparso il 9 settembre 1998), rimane uno degli artisti italiani più capaci di emozionare e destinato a rimanere nei cuori delle persone generazione dopo generazione.

CURIOSITÀ
Il 27 febbraio 1997 venne scoperto un asteroide poi intitolato, in suo onore, “9115 Battisti” dato che l’artista viveva allora nelle vicinanze dell’osservatorio dove l’asteroide fu scoperto.

Cieli sereni
PG

Ascoltiamo una sua canzone
☺️
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https://youtu.be/1xZTc7HwBTI?si=J6HxyZe4kV-g3YH-




4 marzo 1943

ACCADDE OGGI…
… il 4 MARZO 1943

🎼 Dice che era un bell’uomo e veniva dal mare… 🎶

“4 marzo 1943” è una delle canzoni più amate di Lucio Dalla.
In origine doveva chiamarsi “Gesubambino” ma, per colpa della censura, per poter gareggiare al Festival di Sanremo del 1971, prese come titolo la data di nascita del cantante.
La copertina del disco raffigura il porto di Manfredonia: una foto in bianco e nero del luogo dove Lucio Dalla trascorse le sue vacanze estive da bambino e da adolescente. Una freccia indica la casa dove il cantautore alloggiava con la sua mamma.

Cieli sereni
PG

Ascoltiamo la canzone
☺️
👇




(1×5)+(1×2)+(2×3)=JJ

Chi di voi ha un buon orecchio e sa spiegare a tutti l’equazione musicale? Buon ascolto!




Costruire e ricostruire attraverso il Suono.

(di Federico Longo)

La musica offre un’importante e intensa esperienza di costruzione e di ri-costruzione.

Per il concetto di costruzione musicale basta tenere presente l’opera del compositore quando decide di affidare al suono la sua esigenza comunicativa.

I rapporti tra suoni e silenzi, tra vibrazioni che generano una determinata armonia e tra impulsi ritmici che scandiscono nel tempo la successione di suoni e pause, sono stabiliti e governati da un progetto primario che conferisce una precisa architettura alle composizioni musicali.

Si può sostenere che le composizioni musicali hanno un’identità diversa da qualsiasi altra forma di espressione artistica. Il compositore, con la musica, crea una “mappa di suoni” che viene fissata attraverso dei luoghi fondamentali che sono le note. Far vibrare questi suoni, ripercorrendo questa “mappa”, ci pone su un piano di comunicazione diverso da quello convenzionale e offre la possibilità di riferirci a un campo espressivo-comunicativo arcaico che concepisce il Suono come qualcosa che precede qualsiasi parola determinata e qualunque concetto logicamente fondato.

Secondo questa visione , appare evidente che la musica esista solo nel momento in cui vibra e, insieme, che una singola composizione possa esistere però simultaneamente infinite volte. Appare altresì chiaro che ogni composizione abbia una precisa identità e che essa possa cambiare ogni volta che viene eseguita a seconda di chi la produce e di chi la fruisce.

La musica, linguaggio simbolico per eccellenza, offre molteplici possibilità espressive ed interpretative e, pochi suoni, magari sempre gli stessi pochi suoni, possono condurre l’ascoltatore in infiniti percorsi attraverso le tre dimensioni: altezza, lunghezza e profondità, rappresentate dall’altezza del suono, dalla sua durata e dalla sua intensità, oppure dall’armonia (dimensione verticale), ritmo (dimensione orizzontale) ed intensità dello stesso suono appunto.

Seguendo e dando vibrazione a questa “mappa di suoni” tracciata dal compositore, sia l’esecutore che l’ascoltatore ripercorrono e ri-costruiscono un progetto che cambierà nel suo potenziale espressivo ogni volta che viene eseguito, fosse anche sempre lo stesso.

Dare luogo ad una esecuzione musicale mette in simultanea operatività diversi individui che agiscono interiormente. Ecco forse, come raccontato dalle cronache, cosa andavano a ri-costruire nella Germania nazista quelle persone che, camminando tra le macerie e rischiando di trovarsi allo scoperto durante il suono delle sirene, si recavano ai concerti di musica sinfonica.

Il QR-code che segue conduce alla piattaforma Spotify per ascoltar un brano dal nome “Lamed (A letter for a friend)”.

Si tratta di una vera e propria lettera scritta con il suono e non con le parole. Prende il suo primo titolo e ispirazione da una lettera dell’alfabeto ebraico: la lettera lamed che, grazie anche alla sua forma, può rappresentare un canale di energia che unisce la terra al cielo. Questa suggestione è affidata al suono, con la speranza che esso conduca in quel campo espressivo-comunicativo a cui è stato fatto cenno in precedenza e che, superando ogni barriera culturale-linguistica, crea una comunicazione pura che trova il suo fondamento nella condivisione.

Federico Longo – Lamed (A letter for a friend) – Spotify

Note biografiche sull’Autore

Federico Longo è un musicista attivo sia come compositore e pianista che come direttore d’orchestra.
Nell’agosto 2020 ha registrato live, in piazza del Duomo a Cremona, l’evento Notte di Luce, cheche è stato trasmesso da RAI1 il 29 agosto e che lo ha visto eseguire le proprie musiche dirigendo l’Orchestra Filarmonica Italiana e tre solisti internazionali quali il clarinettista Alessandro Carbonare, il pianista Carlo Guaitoli e la violinista Clarissa Bevilacqua.

Concatenation, il suo terzo Cd con musiche composte e suonate dall’autore, succede a L’arte del volo e a La vena giusta del cristallo, album quest’ultimo che ha riscosso un notevole successo di pubblico e di critica ( “Compostezza e amabilità espressive. l’interprete autore si affida alla naturale architettura dell’articolazione pianistica con melodie garbate”. Angelo Foletto, La Repubblica, 23 febbraio 2014).

Sempre come compositore e pianista sta svolgendo un’intesa attività concertistica in tutta europa. Di particolare rilievo le due tournée negli Usa nel 2016 e nel 2018.
La sua musica è prodotta dal celebre compositore Maurizio Fabrizio, autore quest’ultimo di alcune fra le più celebri canzoni italiane come Almeno tu nell’universo, I migliori anni della nostra vita etc.
Come direttore d’orchestra, dopo i debutti alla Philharmonie di Berlino e all’Opera House di Sydney che hanno segnato l’inizio della sua carriera internazionale, risulta fondamentale il rapporto con la Germania dove è regolarmente ospite al Festival Rossini in Wildbad, e oltre ad aver realizzato numerose produzioni liriche e sinfoniche, ha diretto stabilmente l’orchestra Kammerphilharmonie Berlin – Brandenburg di Berlino.
L’attività direttoriale di Federico Longo vanta affermazioni importanti sui podi delle maggiori compagini orchestrali del mondo: dalla Sydney Symphony Orchestra alla Philharmonie di Berlino, dalle orchestre italiane del Teatro dell’Opera di Roma, del Carlo Felice di Genova e del Teatro Comunale di Bologna alla Melbourne Symphony Orchestra.

https://www.facebook.com/FromSilenceToSilence




Il ritorno dell’Audio

Intervista a Valentina Serafin

Quante persone ascoltano la radio in Italia? Quante sono le emittenti nel nostro paese? Con quali strumenti si fruisce maggiormente del mezzo radiofonico?

Secondo i dati ricavati in Rete, sono 35 milioni gli italiani che mediamente ascoltano la radio.

Le emittenti nel nostro paese sono circa un migliaio in totale, ma concretamente quelle che vengono ascoltate sono più o meno 300. Le altre hanno quindi un impatto poco rilevante: o perché non sono attive, o perché non ascoltate.

Di queste 300 radio, quelle che hanno una dimensione d’impresa rilevante sono circa la metà, questo soprattutto è dovuto all’impossibilità del mercato a sostenere un numero così alto di player.

Nonostante questa forte riduzione, l’Italia vanta comunque il primato europeo di numero di emittenti, in rapporto alla popolazione.

Se si vanno ad analizzare le fasce di popolazione, la radio viene ascoltata principalmente dagli adulti. I giovani, specie nella fascia 10/20 anni, preferiscono fruire della musica attraverso altre piattaforme on demand (ad esempio Spotify o Youtube).

Negli ultimi tre mesi c’è stata l’esplosione di Clubhouse che ha riportato la voce al centro, ma sembra che la curva sia drasticamente in discesa, soprattutto perché non si riesce a trovare il modo di monetizzare questa piattaforma.

In questa realtà decisamente rilevante, quanto è importante il mestiere dello Speaker radio?

Iniziamo col dire che il mestiere dello speaker, è un vero e proprio lavoro, che richiede a certi livelli una professionalità altissima.

Preparazione, molto studio e tanti sacrifici.

Non è cosi scontato riuscire ad emergere in questo settore. Non si diventa professionisti improvvisandosi e nemmeno avendo una bella voce.

Sono caratteristiche importanti ma vanno sviluppate.

“ Il lavoro dello speaker, come molti altri, inizia spesso la mattina presto su di un treno affollato, una metropolitana oppure una macchina per raggiungere il posto di lavoro “ ci spiega Valentina Serafin, una delle figure emergenti di questo settoreche può essere lo studio di registrazione, l’emittente radiofonica , una sala-conventionoppure l’ufficio di un cliente. ”.

Valentina Serafin

Nell’immaginario collettivo uno speaker fa una vita agiata e comunque piena di notorietà e lusso.

“Spesso per guadagnare uno stipendio medio, bisogna speakerare svariate righe di un anello di doppiaggio, oppure decine e decine di spot promozionali, di documentaridi vario genere o lunghi discorsi e letture in eventi pubblici e privati”.

Molti speaker radiofonici hanno fatto il salto in tv. Forse è questo il momento in cui si passa da voce nota a viso noto. E quindi alla celebrità?

“Sono tanti gli speaker radio che sono diventati conduttori tv: Nicola Savino, Alessandro Cattelan, Luciana Littizzetto, Amadeus, Gerry Scotti, lo stesso Fiorello. Quando erano in radio nessuno li riconosceva per strada. Dunque direi che la risposta è si, passando al video si diventa noti.

Hai citato nomi notissimi, ci sono tuoi colleghi meno conosciuti che hanno intrapreso questo cammino?

Ce ne sono moltissimi altri , soprattutto della nuova generazione. Non faccio nomi per evitare di far torto a qualcuno che mi scorderei sicuramente.”

Facciamone uno solo allora.

Oggi Diletta Leotta, che era la voce di 105 Take Away, è la conduttrice numero uno del pacchetto sportivo di Dazn. “

Io credo che la preparazione di uno speaker radiofonico richieda molta più preparazione di un collega in video, perché quest’ultimo può far ricorso alla mimica e alla gestualità che in radio non possono venirti in aiuto.

E’ vero, e non solo. Spesso il nostro lavoro si porta a casa nel proprio studio personale (home-studio), ricavato in un piccolo angolo di casa. Una preparazione attenta e meticolosa degli argomenti, che vanno studiati e approfonditi.

Un po’ come quando si andava a scuola..

Esatto. Io ho fatto il Liceo Classico e ho studiato Latino e Greco che peraltro ricordo perfettamente. Il metodo di studio e l’approccio a quelle materie mi sono molto utili quando mi preparo per un lavoro.

Vuoi dire che bisogna essere laureati per fare lo speaker (risata)?

Esistono scuole specifiche per diventare speaker, ad esempio quelle di dizione che ho frequentato a Roma, o anche corsi di teatro che ti permettono di impostare la voce, ed entrambi mi sono stati utili e fanno parte del mio bagaglio professionale. Naturalmente chi ha del talento, può emergere lo stesso, ma io sono del parere che solo il talento non basta.

Un professionismo in continua evoluzione?

Il mercato cambia continuamente, gli speaker si improvvisano ogni giorno, basta andare su ClubHouse e si trovano moderatori di ogni tipo. Non basta aprire un microfono e parlare. Bisogna conoscere i tempi, e saper far parlare anche gli ospiti o gli altri interlocutori.

E dunque?

Studiare, studiare, studiare. Comprendere i cambiamenti, aggiornarsi e non sentirsi mai arrivati.

Quindi la prossima volta che ascolterete una voce in tv, in radio, in uno spot televisivo, oppure ad una convention, ricordatevi che dietro quella voce e quella persona, quel professionista, si nasconde un uomo oppure una donna come Valentina Serafin.

Una Professionista, con la P maiuscola.

https://valentinaserafin.it/
https://valentinaserafin.it/

https://www.instagram.com/_valentinaserafin_/




Maddalena

In un recente articolo del nostro magazine (“Poco da gasarsi”, di Marina Ruberto) abbiamo evidenziato – ammettiamolo, anche molto a malincuore – una certa evidente e generale povertà di contenuti nella proposta musicale giovanile italiana.

Subito dopo la pubblicazione, però, abbiamo scoperto per caso Maddalena e potremmo ricrederci…così l’abbiamo raggiunta per un’intervista.

Ciao Maddalena, innanzitutto complimenti: ci è capitato di vedere/ascoltare il video della tua canzone “Anxiety is A Modern Cliché” e, dal punto di vista musicale, è davvero un bel brano. Piace al primo ascolto, Il refrain ti entra subito in testa. Anche il video è molto ben confezionato, dalle atmosfere raffinate e coerenti con il testo della canzone, a partire dal titolo. Titolo che ovviamente, ci incuriosisce non poco, soprattutto tenendo conto del fatto che hai solo vent’anni o poco più.

“Anxiety is a Modern Cliché” di Maddalena – video ufficiale

Grazie, partiamo dal video: mi fa particolarmente piacere il fatto che lo abbiate apprezzato. Per me è fondamentale associare le immagini alla musica e viceversa. Le diverse espressioni artistiche devono poter comunicare tra loro…e per me sarà così certamente anche in futuro. Il video è artigianale, realizzato da un gruppo di amici – tutti giovani – con un budget davvero irrisorio. Ma ci abbiamo messo tanto entusiasmo e, soprattutto di questi tempi, è stato davvero bello lavorare e interagire con altre persone.

Ribadisco i complimenti, alla luce di quanto mi dici, ancor più convinti: il risultato è di ottimo livello. Non sembra affatto un prodotto “amatoriale”..

Con la passione, il prodotto amatoriale può riuscire più d’impatto rispetto agli standard professionali, talora freddini. Come la torta della nonna, spesso più buona di quella della pasticceria…

Vent’anni… di che tipo di ansia ci parli, ci racconti, anzi, ci canti? Quella “classica” degli ex adolescenti che si affacciano alla vita e non sanno ancora cosa faranno da grandi, quella legata alla paura di perdere la magia della culla “…tranquillo, siam qui noi” (per citare “gli anni” degli 883)? O c’è qualcos’altro che noi, ben al di fuori della tua generazione, non riusciamo proprio a percepire?

Riguardo l’ansia…senz’altro esiste una componente individuale, che è specifica per ciascuno di noi, e attiene all’intimo vissuto di ogni individuo; e di questa ovviamente e per pudore e rispetto, non mi sognerei mai di parlare; ma certamente esiste anche un’ansia generazionale…di quella sì che si può parlare, quella si può e si deve affrontare; e vorrei condividere questo sforzo con gli altri, per tentare di superarla. Riconoscendola, riconoscendoci e comunicando tra noi, grazie anche a linguaggi, segni e comportamenti comuni. E anche con le canzoni.   

L’ansia della mia generazione, la generazione “Z”, è connotata dalla solitudine e dal rapporto quasi esclusivo, alienante con gli schermi degli smartphones e dei pc. Personalmente mi reputo fortunata, credo di essere una persona socievole, ma ho sentito la necessità di aprire uno spazio di condivisione anonima sul mio profilo instagram proprio per poter far esprimere” liberamente delle proprie ansie chi ne ha bisogno, e non ne riesce a parlare vis-a-vis con nessuno.. E stanno uscendo delle cose pazzesche. Per molti è liberatorio. Li capisco, anche se per me la terapia migliore rimane comunque la musica. E la condivisione.

Però…però, la frase del tuo brano “i miei amici prendono i miei pensieri e li trasformano in problemi seri” è una frase rivelatrice: dal punto di vista di una ventenne, l’ansia della quale parli è allora in gran parte autoprodotta, ingigantita? Riuscite quindi a prendere le misure alle vostre paure, rapportandole alla vostra generazione? Oppure già vi state facendo carico di tutti i problemi del mondo, passati presenti e futuri, avendo già realizzato che le generazioni a voi precedenti hanno semplicemente aggravato i problemi invece di risolverli? E che quindi ve la dovrete cavare da soli?

Beh, sì, effettivamente in ognuno di noi c’è uno spazio di rispetto che non dovrebbe, ma – spesso per affetto – viene invaso; a me capita proprio con gli amici che, abituati al mio carattere estroverso, mi esortano a tirar fuori anche quello che proprio non esiste. In questo senso sì, talvolta si esagera un po’…ma sempre meglio così che non comunicare/condividere affatto.

L’immagine – anche visiva – che proponi, di indubbia classe, è lontana anni luce da quella mainstream: non si ritrovano le minime tracce di aggressività, ma la tua sicurezza emerge forse ancor di più, proprio perché non sembri aver timore di rendere pubbliche le tue fragilità. E i tuoi vezzi: di sicuro ti piacciono anelli ed orecchini, molto presenti nel video. Li hai disegnati tu?

Sono molto contenta che tu l’abbia notato. Se ti riferisci ad un certo rap, alla trap, pur nel rispetto di ogni tipo di espressione artistica, davvero mi sento molto lontana da quei linguaggi. Siamo bombardati da contenuti aggressivi che forse non ci fanno male, ma certamente non ci elevano. Si può affrontare tutto con una giusta dose di leggerezza. Ed ironia. Qualcuno mi ha detto: “figo, tu “poppizzi” l’ansia” (geniale! ndr). Ecco, davvero si può parlare di tutto, ma la volgarità e la violenza no, non le voglio accogliere nei miei testi e nella mia modalità di scrittura.

Riguardo invece i monili, mi sono presentata nel video esattamente come sono nella realtà: vestiti semplici e anelli, bracciali, orecchini—-sono creazioni che mi piacciono molto, disegnate da altri miei amici e per questo li indosso ancor più volentieri.

Dei contenuti di indubbio spessore ne abbiamo già parlato e una sola canzone certamente non basta a delineare un’artista, ma ti senti già una cantautrice? Abbiamo letto da qualche parte che ti piace Rino Gaetano…

Rino? Lo amo follemente. Sono cresciuta a pane e cantautori italiani. Anche perché l’italiano è la lingua più bella del mondo e sono orgogliosa delle mie radici. Pur se canto anche in inglese…

Appunto l’inglese: tornando alla tua canzone, non saprei dirti il perché, ma il sound mi riporta al brit-pop primi ’80. O forse ancor più a Battiato, con gli incisi in inglese. E per l’indubbia l’ironia che si coglie tra i solchi. C’è anche lui tra i tuoi artisti di riferimento? E chi ti piace, tra colleghe e i colleghi? Con chi divideresti volentieri il palco?

Si. Battiato è per me il Maestro (con la M maiuscola). Ha portato l’elettronica in Italia, e ha avuto il coraggio di proporre qualcosa di diverso, ma in maniera autentica e originale. E’ proprio lui l’esempio perfetto di come si possa essere autenticamente originali. E non paraculi. Tra i contemporanei, il sogno inconfessabile e irraggiungibile, anzi già confessato, è Billie Eilish; tra quelli pseudorealizzabili: risposta secca, c’è Asaf Avidan, un artista israeliano.. penso che le nostre voci possano davvero “matchare” molto bene e penso proprio di martellarlo di mail fino all’esasperazione, allo sfinimento, per poter realizzare qualcosa insieme.

Ammettiamo di non conoscerlo affatto ma rimediamo immediatamente: qui il link alla sua splendida “One Day”, e qui la prossima sua data all’Auditorium PdM.

Maddalena, in attesa di condividere il palco con Asaf, cosa pensi di fare per promuovere maggiormente la tua canzone, in attesa che finisca il prima possibile questo orrendo periodo di pandemia? Hai un canale Youtube, utilizzi i social?  

Non ti nascondo che è non è facile!…un passo alla volta; siamo solo all’inizio di un percorso. Molta rassegna stampa, (e grazie a Valentina, la mia agente); c’è la distribuzione Universal…d’altra parte bisogna aver pazienza: il video è appena uscito, e, più che dai social, inaspettatamente sto ottenendo delle belle soddisfazioni dalle radio. Sono molto contenta, il mondo della radio mi piace moltissimo.

Per finire, cosa bolle in pentola? Stai già scrivendo altre canzoni?

Si, sto scrivendo nuove canzoni, naturalmente un singolo per volta – non è più tempo di album – Naturalmente, vi terrò aggiornati.

Grazie Maddalena, ci contiamo davvero!

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Poco da gasarsi

(di Marina Ruberto)

Anni fa, in Italia, la musica era ribelle.

I giovani se lo sentivano cantare da Eugenio Finardi e si gasavano.

Oggi, a Sanremo i “Ciovani” hanno gioito per la vittoria dei Måneskin: band rock di duri e puri la cui esponente femminile, durante la premiazione, ha riempito di parolacce i conduttori, rei di aver chiesto al gruppo un’altra esibizione.

Per carità.

In linea con l’immagine grintosa e il look dei quattro che, però, (per non incorrere nel reato di “già visto”) potevano fare a meno di sciogliersi in lacrime di commozione sul palco. Cosa che, invece, hanno puntualmente fatto.

Quanto al testo di Zitti e buoni, bah.

Sembra che la ribellione consista nell’affermare di essere diversi (da chi? Ah: da “loro”. Loro chi? La gente che non sa di cosa parla, gli uomini in macchina che non scalano le rapide, gli spacciatori che non aprivano la porta…) nonché “fuori di testa”.

Måneskin – ZITTI E BUONI (YouTube)

Bene.

A parte l’episodio abbastanza isolato, per lo più, oggi i “Ciovani” ascoltano Rap.

A chi fosse interessato, segnalo un articolo su alcuni dei suoi esponenti. Ma ce ne sono molti altri.

Io, che giovane non sono, mi limito ad osservare che i testi vertono (salvo eccezioni) su sesso, droga, nonsense e, a volte, persino violenza.

A caso, dal brano Lento di BoroBoro:

Giro por la calle e sono attento/Lei sopra di me lo muove lento/Steso dentro al letto, giuro che la spengo/E dopo faccio
Ra-pa-pam-pam
Ra-pa-pam-pam
Ra-pa-pam-pam”

E via così.

Ma l’ultima frontiera (che data ormai qualche anno) della musica Ciovane è il Trap. A chi fosse interessato e amante delle distorsioni vocali dell’Auto-Tuner, segnalo un altro articolo:

https://ripetizioni.skuola.net/blog/10-cantanti-della-musica-trap-italiana/

Ancora più che nel rap, qui si parla spesso di autoreferenzialità varie.

Sfera Ebbasta, uno dei portabandiera del genere, da tanto è diventato famoso, ha fatto pure un film che s’intitola (appunto) Famoso ed è un documentario sulla sua ascesa ai vertici delle classifiche europee.

Il testo della canzone omonima, recita:

Ora che sono famoso voglion farsi la foto/ fissano la collana, fissano l’orologio/

da piccolo guardavo /le scarpe in quel negozio/ mo’ tutte quelle che voglio/ le metto solo un giorno/ Non mi facevano entrare manco a pagare/ mò mi devono pagare per farmi entrare…”

Tutto chiaro?

Oltre a Rap&Trap ci sono le nicchie impegnate, naturalmente. Non proprio originali, a parer mio.  Tutti un po’ figli di Francesco DeGregori, ma lontani i chilometri.

C’è l’acclamato e  ben prodotto Mahmood (ospite a Sanremo), dal timbro vocale interessante e le melodie finto/arabeggianti, che continua a firmare successi. Quest’anno ha co-firmato la canzone seconda classificata, Chiamami col mio nome dall hype “ignorante”, appiccicosissimo e tutto sommato gradevole.

Bello l’official video della canzone, in cui il duo Fedez- Michielin canta dai palchi di una serie di teatri vuoti o chiusi per sempre durante la pandemia.

C’è Willie Pejote, a Sanremo pure lui con un brano come sempre ben scritto e divertente. Ci sono le giovani promesse che rimangono tali e infine c’è Ultimo, secondo all’edizione 2019, che pare riempia gli stadi con le sue canzoni pop/hip hop/altro.

Gli Ultimi saranno i primi. Già.

http://www.marinaruberto.eu/




Renzo Nissim: tra de Pisis, Lucio Battisti, Renzo Arbore e la Scuola Romana.

Renzo Nissim, Cupola di Santa Maria del Fiore, 1991. Olio su tavola.

Chiunque si interessi anche superficialmente di pittura, conosce certamente il nome di Filippo de Pisis, nome d’arte di Luigi Tibertelli (1896 – 1956). Ma anche i conoscitori più appassionati difficilmente sanno che Renzo Nissim (1907 – 1997) può considerarsi con cognizione di causa il suo ultimo, e talvolta degno, epigono. Anche nell’ecletticità: il ferrarese Filippo, laureato in lettere, è stato scrittore, poeta, critico d’arte e pittore; Il fiorentino Renzo, avvocato, musicista, giornalista radiofonico e televisivo, conduttore, commediografo….e pittore.

Nissim, per sua stessa ammissione, considerava De Pisis come il principale Maestro di riferimento: certo, cercando di distanziarsi dal suo stile (…non sempre ci è riuscito) ma, pur con risultati altalenanti, l’impronta del grande ferrarese è evidente.

Renzo Nissim, Cupola di San Pietro in Vaticano, 1992. Olio su tavola.

I due si erano anche conosciuti personalmente, quando Renzo acquistò delle opere direttamente dal Maestro: episodio raccontato dallo stesso Nissim nella sua interessante, divertente e consigliabilissima autobiografia “In cerca del domani: un’avventura autobiografica”, nella quale si narrano le peripezie di un giovane avvocato fiorentino, radiato dall’albo a seguito delle leggi razziali e costretto ad emigrare negli Stati Uniti, dove venne a contatto con molti artisti per poi diventare un commentatore radiofonico per varie emittenti, tra le quali “Voice of America”. Tornato in Italia alla fine dei ’50, proseguì in patria la sua carriera radiofonica e di musicista, oltre che come autore e conduttore di programmi musicali.

Renzo Nissim, Fori, 1993. Olio su tela.

Riguardo questo aspetto, tanto per far capire meglio il personaggio, vi proponiamo un siparietto televisivo del 1969. Il programma era “Speciale per voi”, condotto da Renzo Arbore. Renzo Nissim, schietto “comme d’habitude”, non le manda a dire, proprio “in faccia”, nientemeno che a… Lucio Battisti! In quell’occasione, ferocemente criticato per la sua voce.. 😉

Ma qui ci interessa soprattutto il Renzo Nissim pittore. Oltre a De Pisis, facile rintracciare anche l’influenza di Orfeo Tamburi (nella sua prima fase romana), Scipione e Mafai. Insomma, della Scuola Romana.

Renzo Nissim, Basilica della Salute, 1992. Olio su tavola.

Non tutta la produzione di Nissim può considerarsi memorabile; ma le vedute dei primi ’90 (quando l’autore era già oltre gli 80 anni) sono certamente meritevoli di una certa attenzione; e soprattutto tra le opere di questo periodo abbiamo scelto quelle da pubblicare, insieme a quelle degli “esordi” …da ultracinquantenne!

Renzo Nissim, San Pietro in Vaticano, 1993. Olio su tela.
Renzo Nissim, Bacino di San Marco, 1992. Olio su tavola.

Renzo Nissim, Cupola di Santa Maria del Fiore, tecnica mista su carta, 1958.




La melanzana di David

Incontro David (David D’Amore) dopo qualche anno che non ci si vedeva.

Oggi capisco che quella che sembrava una forma di contestazione formale era una visione del futuro.

Ricordiamo brevemente i vecchi tempi e ci proiettiamo sull’oggi. Anzi, verso il domani.

D. Il nudo continua ad essere al centro delle tue opere. Perché la scelta dominante e quasi ossessiva di figure, diciamo, svestite? 
R.Credo che rappresentando il corpo si possa lavorare sulla mente. Il corpo come mezzo per scavare nel profondo a patto che il profondo esista. Il richiamo del corpo è sempre irresistibile, i tramonti possono essere stupendi, una notte stellata può essere molto romantica, ma vuoi mettere un bel paio di chiappe? 

D.  La tua produzione artistica è enorme. Disegni, incisioni, dipinti, fotografie, musica. Da cosa nasce l’esigenza di creare così tanto materiale? 
R.  Per uno che non sa fare niente l’arte era l’unico mezzo per passare il tempo. In genere le idee più brillanti mi vengono quando, in sella al mio motorino, percorro le strade di campagna in cerca di una grotta in cui infilarmi per qualche ora. 

D.  Sembra quasi che tu voglia, nei tuoi lavori, confermare una sorta di nichilismo dell’essere umano, enfatizzando  l’inutilità della ripetitività.

R.   Non sono un misantropo, in me, purtroppo, è più presente il vizio della filantropia.  

D.  Non credi che la misantropia sia una sorta di ispirazione per un Artista? Eppure  l’arte dovrebbe essere fruita dalla gente, da un pubblico. Non è un controsenso?
R.  Siamo esseri fallibili e soprattutto volubili. A causa delle nostre altalenanti vicende quotidiane  un giorno siamo fieri filantropi e il giorno dopo siamo misantropi convinti. In genere negli artisti subentra la misantropia quando si è incompresi o sottovalutati.

D.  Tu utilizzi il corpo come un contenitore, un oggetto, e lo associ sempre ad oggetti esterni a lui, come se volessi mettere in risalto la incomunicabilità delle due realtà. Questo genera una sensazione di violenza estetica, blasfema, ma con un obiettivo poetico.

R.  Sono un pessimo esempio per le nuove generazioni, lo ammetto. Nella prossima vita giuro che dipingerò solo prati in fiore e fotograferò esclusivamente località sciistiche con annessi impianti di risalita. Il termine che hai coniato, ”blasfemia poetica”, mi piace, potrebbe essere il titolo della mia prossima fotografia.

D.  Ho visto che spesso nelle tue opere compare l’immagine di una melanzana, o cucita o dipinta. Perché hai scelto proprio quell’ortaggio? 

R.  Ho scelto la melanzana per motivi estetici, non filosofici o esoterici. I riflessi sul corpo liscio di una melanzana sono fantastici da dipingere e anche da fotografare. Una mia foto del 1998, intitolata “Dissidente”, rappresenta una melanzana con un profondo taglio ricucito chirurgicamente. 

D.  Ti sei sentito o ti senti influenzato da alcuni artisti, da alcuni autori, anche letterari, nel tuo modo di produrre?
R.  L’espressionismo nordico mi ha molto attratto, ma troppe sono le cose che mi affascinano, potrei fare un elenco infinito di pittori, musicisti, registi, scrittori e fotografi importanti per la mia crescita artistica. Tra i pittori al momento ammiro il Guariento e Dierick  Bouts.  

D. Esiste un modus operandi di procedere per costruire e dare vita alle tue opere?
R.  Durante il giorno ho delle vere e proprie visioni ad occhi apertiSubito corro nel mio studio, ricreo la scena che ho visto e la fotografo. La foto rappresenta una sorta di appunto sul quale posso poi lavorare di nuovo per migliorarla.

D.Che rapporto hai con le tue opere una volta create?”   

 R.Il  rapporto con le mie opere è difficile, a volte arrivo a odiarle.   

D.  Credi nell’uomo?
R.  Ci vorrebbero cento vite per tentare di decifrare la natura umana. Io di vita ne ho solo una e cerco di dedicarla a cose più elementari e piacevoli. 

D.  C’è qualcosa che non hai ancora fatto e che ti piacerebbe fare? 
R.  Mi piacerebbe essere un artista ricco e famoso, possibilmente senza vocazione, che dipinge, suona o fotografa solo per il mercato

D.  L’amore è sopravvalutato? 
R.  Si, come tutti i vizi e le perversioni. 

D.  La morte è qualcosa di liberatorio? 
R.  Se tutto va bene, a noi umani ci attende l’inferno.

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