Uomo con barba, e fotocamera

Dice che ha la barba, cammina e fotografa. Sulle prime due affermazioni non possiamo mettere la mano sul fuoco (..nel frattempo sarà andato dal barbiere? Prenderà talvolta anche il tram?), ma ci basta (e avanza…) la terza, per aprire una finestra qui…a voi!

Matteo Pioltelli – Fotografo di strada – Smartphone Photography




Chiamate video e audio Arriveranno su X: Elon Musk rivela le nuove funzionalità.


di Redazione Online_

Presto sarà possibile effettuare chiamate video e audio su X (fino a poco tempo fa conosciuta come Twitter).

Le nuove funzionalità in arrivo sulla piattaforma sono state annunciate dal CEO di Twitter Inc., Elon Musk.

“Chiamate video e audio in arrivo su X: saranno disponibili su iOS, Android, Mac e PC; non sarà necessario un numero di telefono. X diventerà un efficace elenco globale di contatti”,

ha annunciato il patron di Tesla sui social media.

Inoltre, Musk ha definito questa combinazione di funzionalità ‘unica’.

Non è un segreto che la sua ambizione sia quella di trasformare la piattaforma in un’applicazione completa, che copra tutto, dall’esperienza tradizionale dei social media ai videogiochi e ai servizi finanziari.

L’annuncio di queste nuove funzionalità coincide con l’uscita della sua biografia nelle librerie, scritta da Walter Isaacson.

Nel libro si parla anche dell’acquisizione del social network e vengono rivelate alcune indiscrezioni.

Ad esempio, emerge la frase che Musk ha detto al CEO dell’epoca, Parag Agrawal, il 31 marzo 2022

‘Quello che Twitter ha bisogno è un drago che sputa fuoco’.

All’epoca, l’ipotesi di acquisto non era ancora ufficialmente sul tavolo: Musk voleva agire dall’esterno per realizzare il suo sogno, cioè creare quel X.com che aveva cercato di realizzare per decenni.

Tuttavia, in pochi giorni, le sue intenzioni sono cambiate, e con esse il destino del social network.





La leadership è una questione di scelta.


di Giovanna Marrai_

La leadership è un’abilità complessa che richiede una varietà di competenze. È l’abilità di guidare e motivare gli altri verso un obiettivo comune. I leader sono in grado di ispirare gli altri, prendere decisioni difficili e creare un ambiente positivo in cui le persone possono lavorare al meglio.

Esistono molti stili di leadership diversi. Alcuni leader sono più autoritari, mentre altri sono più democratici. Non esiste un unico stile di leadership migliore, poiché il migliore stile dipenderà dalla situazione specifica.

Ecco alcuni dei tratti più importanti di un buon leader:

  • Visione: i leader hanno una visione chiara del futuro e sono in grado di comunicarla agli altri.
  • Motivazione: i leader sono in grado di motivare gli altri a raggiungere gli obiettivi comuni.
  • Decisione: i leader sono in grado di prendere decisioni difficili anche quando non sono popolari.
  • Comunicazione: i leader sono in grado di comunicare in modo chiaro ed efficace con gli altri.
  • Costruttore di relazioni: i leader sono in grado di costruire relazioni forti con gli altri.
  • Flessibile: i leader sono in grado di adattarsi a situazioni in continua evoluzione.

Se vuoi diventare un leader, è importante sviluppare queste competenze. Ci sono molti modi per farlo, ad esempio attraverso la formazione, la pratica e l’esperienza.

Ecco alcuni suggerimenti per diventare un leader:

  • Sviluppa una forte visione: cosa vuoi ottenere? Cosa vuoi cambiare? Una volta che hai una forte visione, sarai in grado di motivarti e motivare gli altri a raggiungerla.
  • Sii un modello per gli altri: i leader sono un esempio per gli altri. Assicurati di comportarti in modo coerente con i tuoi valori e le tue convinzioni.
  • Sii un ascoltatore attivo: i leader sono in grado di ascoltare gli altri e comprendere i loro punti di vista. Questo è importante per costruire relazioni e creare consenso.
  • Sii inclusivo: i leader sono in grado di coinvolgere tutti, indipendentemente da background o esperienze. Questo è importante per creare un ambiente positivo in cui tutti si sentano apprezzati e valorizzati.
  • Sii coraggioso: i leader sono in grado di prendere decisioni difficili anche quando non sono popolari. Questo è importante per raggiungere gli obiettivi comuni.

La leadership è una sfida, ma è anche un’opportunità. I leader hanno la possibilità di cambiare il mondo e di avere un impatto positivo sulla vita degli altri. Se hai la passione per la leadership, non esitare a sviluppare le tue competenze e diventare un leader.


  • Giovanna Marrai  è una consulente di leadership che lavora con aziende di tutte le dimensioni per sviluppare e migliorare le loro capacità di leadership. È un’esperta di diversi stili di leadership, e aiuta i suoi clienti a trovare lo stile che funziona meglio per loro.



“Barbie di Greta Gerwig: Un Manifesto Femminista Con Sfumature di Rosa”


di Redazione Online_

Barbie di Greta Gerwig è finalmente arrivato al cinema a partire dal 20 luglio, colorando il mondo di rosa e suscitando grande interesse, meme e una vasta campagna pubblicitaria.

Ora, vale la pena affrontare questa osannata pellicola dopo tutta questa attesa?

Se siete appassionati della celebre bambola, probabilmente sì. Tuttavia, se vi aspettate una commedia spensierata e divertente, potreste rimanere delusi, forse anche un po’ arrabbiati.

La sceneggiatura, creata da Greta Gerwig e Noah Baumbach, moglie e marito, è piena di amore per i dettagli, generando situazioni paradossali e battute perfette per diventare virali.

Gli attori, sia i protagonisti Margot Robbie (Barbie) e Ryan Gosling (Ken), sia i comprimari come Allan (interpretato da Michael Cera) e Gloria (interpretata da America Ferrera), offrono delle interpretazioni magistrali.

Tuttavia, ciò che potrebbe essere problematico è la satira sociale che permea l’intero film. Scherzando si può dire tutto, anche la verità, ma nutriamo qualche dubbio sul fatto che il mondo sarebbe migliore senza gli uomini.

Questa fragilità sottostante permea l’intera narrazione.

Barbie è un film in cui gli uomini sono rappresentati come i villain, non perché commettano azioni malvagie oggettivamente, ma semplicemente perché sono uomini. Nel “perfetto” mondo di Barbieland, tutti i Ken (chiamati tutti con lo stesso nome, ovvero Ken) sono considerati degli imbecilli buoni a nulla.

All’inizio, questa rappresentazione può risultare divertente, ma a lungo andare diventa stancante.

Mentre Barbie ricopre ruoli come presidente, medico, netturbina, astronauta e vincitrice di un Premio Nobel, Ken si riduce alla semplice definizione di “spiaggia”, credendo persino che sia un lavoro. Ken è solo muscoli, birra e risse, non sa fare altro. Non ha nemmeno una casa, o se l’ha, nessuno ha mai pensato a dove possa abitare. È praticamente insignificante.

D’altro canto, tra le Barbie, il supporto reciproco è sempre al massimo livello.

Fatta eccezione per Barbie Stramba, che ha perso la sua bellezza a causa di un passato difficile, e Barbie incinta, considerata una sorta di paria da tutte a causa della sua pancia.

Quando la bravissima Margot Robbie, nei panni di Barbie Stereotipo, si trova a fronteggiare una crisi di nervi insospettabile nonostante la sua vita apparentemente perfetta, è costretta a fare un viaggio nel mondo reale insieme a Ken, che la corteggia da sempre e lei tratta con nonchalance e sorrisi sublimi.

Nel mondo reale, entrambi si confrontano con il patriarcato. Questa esperienza è una pessima notizia per lei, ma per lui è un risveglio dell’anima, finalmente capisce di poter essere qualcosa di più, o addirittura di poter comandare.

Con l’aiuto di due donne umane, una madre e sua figlia, Barbie torna nel suo universo con un forte mal di testa e si trova costretta ad affrontare il temibile “patriarcato”.

Ne scaturisce una guerra tra maschi e femmine, in cui i primi sono rappresentati come stupidi e le seconde come estremamente intelligenti, per natura. Non c’è animosità né rivalità tra le donne, che siano bambole o umane, si sostengono sempre a vicenda.

Non vedremo mai attriti tra Barbie veterinaria e Barbie surfista californiana, perché il vero nemico è l’uomo.

Il messaggio del film, al di là della trama, sembra essere: aspirate a essere “donne ordinarie, felici di arrivare a fine giornata, possibilmente da sole e senza la zavorra di un Ken tra i piedi”.

Barbie va oltre l’esagerazione tipica della satira e promuove la grande, grandissima solitudine come unico modello di vita vincente.

Questa solitudine estrema, quasi aggressiva, mira a sopprimere qualsiasi relazione sentimentale in nome di un bene più grande: combattere il patriarcato.

E per farlo, bisogna combattere contro tutti gli uomini, illuderli, ingannarli e considerarli poco più che accessori decorativi, spesso fastidiosi e pacchiani, poiché, anche se non se ne rendono conto, sono solo degli inutili imbecilli.

Sia Barbie che Ken cercano il proprio posto nel mondo, uno scopo che li faccia sentire completi. Sarebbe stato bello, e anche utile, se entrambi si fossero aiutati a comprendere quale potesse essere la loro strada, partendo dalla stessa situazione iniziale: entrambi sono bambole, non umani.

Invece, Ken è condannato e Barbie è eletta regina, per nascita.

Barbie rappresenta un manifesto femminista distorto, con l’aggiunta di glitter, battute e canzoncine catchy.

Se cercate di spegnere il cervello per due ore, allora Barbie è sicuramente il film adatto a voi.

Che il “pinkwashing” vi accompagni lieve.




Finestra sui social – Twitter: Olga Tuleninova (@olgatuleninova)

Si muove tra Parigi, Londra e le capitali della Europa Danubiana solo su strada ferrata a bordo di carrozze blu con la scritta dorata: “Compagnie Internationale des Wagons-Lits et des Grands Express Européens “.

Nel vagone pullmann, tra profumo di caffé, ostriche e champagne, servita, riverita e coccolata dai magnifici sette della Brigade di bordo, discetta di Arte e mondanità con banchieri con baffi a manubrio e nobilesse ristorate e restaurate.

dettaglio finale: quanto sopra è tutto falso, non sappiamo chi sia e assolutamente nulla di lei… ma ci piace immaginarla così!




Finestra sui social – X: Elon Musk (@elonmusk)

Il ragazzo sembra promettente e si farà, ma è un poco timido e così abbiamo deciso di concedergli magnanimamente la nostra prestigiosa vetrina….




Siamo perbenisti con i pensieri degli altri. Pronti a giudicare, senza mai guardare quella trave. La nostra.



Ci sono momenti, nella vita di tutti noi accade inevitabilmente, in cui ci si trova nella situazione in cui scegliere fra il vivere un momento della propria vita in maniera piena, intera, completa, o piuttosto atteggiarsi in un falso, corretto, formale atteggiamento che, tutto il resto del mondo, perbenista ed ipocrita, gli chiede di vivere.




Scarcity Marketing [il Must Have che in verità non vuoi avere]



di Francesca Bux

Tante, tantissime!

Le tecniche del marketing sono davvero molteplici e si nascondono dietro bisogni, esigenze e illusioni, che troppo spesso non pensiamo nemmeno di avere.

Una di queste è la Scarcity Marketing.

Per Scarcity Marketing si intende quella strategia che utilizza il principio di scarsità (questa è infatti la traduzione italiana), facendo leva sui timori del consumatore di non possedere uno specifico servizio o prodotto e agendo sulla sua paura inconscia di perdersi qualcosa.

Da qui, si crea quindi un vero e proprio senso di urgenza, una necessità di acquisto che porta a non perdere tempo e non ragionare sull’effettiva utilità dell’acquisto.

Elementi che la caratterizzano:

– offerte a tempo limitato (urgenza)

– posti limitati (esclusività)

– pezzo unico (rarità)

– ultimi pezzi rimasti (eccesso di domanda)

A questo punto, siamo certi che avete capito benissimo di cosa stiamo parlando!

Questa subdola quanto affascinante strategia, si basa sulla psicologia cognitiva, ovvero quel principio secondo cui gli esseri umani sono portati a desiderare ciò che gli appare come limitato o che rischia di non essere più reperibile.

Lo psicologo americano R. Cialdini – uno dei primissimi studiosi a descrivere il principio di

scarsità applicato al marketing – ha affermato che “le opportunità sembrano più preziose

quando la loro disponibilità è limitata” e che “la scarsità porta l’individuo a

desiderare ciò che appare come limitato o che rischia di non avere più a causa di

un’attesa prolungata”.

In sintesi, sembrerebbe che noi siamo più portati a desiderare quello che risulta praticamente quasi impossibile da avere.

Da qui, deriva anche la FOMO.

“Per FOMO (acronimo per l’espressione inglese “fear of missing out”, letteralmente “paura di essere tagliati fuori”) si intende quella paura o ansia sociale di perdere, non aver accesso o essere esclusi da eventi, esperienze, contesti sociali rilevanti”.

Si tratta di una delle dinamiche tipiche di Internet e possono essere spiegate semplicemente come l’impulso di vedere immediatamente le Stories pubblicate da amici e personaggi famosi su Instagram, lo scrolling automatico che facciamo su Facebook, le serie tv da guardare subito non appena escono, così da poterle commentare immediatamente e stare al passo con i discorsi.

Quindi la FOMO unita alle tecniche di Scarcity marketing, costituiscono una combo pazzesca per indurre a comprare d’impulso e non ragionare abbastanza su quello che si sta acquistando.

Due condizioni indivisibili arricchiscono la situazione: il desiderio di esclusività e quello di popolarità.

Basandosi su questi princìpi, la maggior parte delle strategie di Scarcity marketing più diffuse possono essere suddivise in:

– Limited-Time Scarcity (LTS), dove il consumatore è consapevole di avere

un determinato limite di tempo per ottenere il prodotto, spesso alle

condizioni di una promozione in corso

– Limited-Quantity Scarcity (LQS), dove il consumatore è informato della

limitata disponibilità di un certo prodotto in vendita e quindi del rischio di non

poterlo acquistare in futuro, perché esaurito (innescando così anche la FOMO).

Rendere prodotti / servizi / situazioni disponibili solo per un determinato periodo di tempo, facendo intendere che è vantaggioso fare l’acquisto esclusivamente in quel momento, è uno dei pilastri dei saldi nei negozi e degli sconti proposti da alcuni brand (come i famosi Prime Days di Amazon).

C’è da dire che ormai tutti noi siamo abituati a questo meccanismo, quindi, per non perdere l’efficacia del meccanismo, vengono create altre situazioni, che sostengono la semplice idea del “pagar meno”. 

Edizioni limitate, limitata disponibilità, countdown di fine offerta, ma anche prezzi proibitivi (spesso usati nei settori del lusso) sono solo alcune delle sfaccettature di questa strategia, così semplice ma efficace.

Casi studio

Coca Cola

Nel 2011 la Coca Cola lanciò in Australia una campagna di marketing multinazionale

nella quale il noto logo veniva sostituito con un nome di persona, da scegliere tra i 250 più popolari nel Down Under.

Come sappiamo, la campagna ebbe così tanto successo, che fu successivamente lanciata in oltre 80 paesi!

  • In Australia, fu stimato un aumento del 4% della quota di Coca-Cola nel suo

settore ed un aumento del 7% nel consumo da parte dei giovani adulti

  • Negli Stati Uniti, l’aumento delle vendite si attestò ad oltre il 2%, invertendo un

trend al ribasso che durava da più di 10 anni

  • Molti esperti del settore pubblicità hanno sfruttato successivamente il successo

della campagna “Share a Coke” per ricordare l’efficacia della personalizzazione

del messaggio promozionale

Hermès

L’ambasciatore indiscusso dell’applicazione dello Scarcity Marketing nel settore moda di lusso, è sicuramente Hermès. 

Per acquistare una Birkin o una Kelly ,le liste d’attesa possono arrivare fino a due anni e il prezzo varia dai 7.000 ai 100.00 euro. 

La difficolta d’acquisto però non è un deterrente, bensì un motivo in più per volere la borsa e distinguersi dagli altri.

Maison Cléo

Un giovane brand parigino, con 200 mila follower su Instagram, che vede le sue collezioni andare in sold-out in poche ore. 

Come ci riesce?

L’idea della fondatrice è davvero semplice: utilizzare solamente tessuti di scarto, per motivi di sostenibilità ambientale. 

Tutte le settimane, in base ai materiali recuperati, Maison Cléo crea abiti ogni volta diversi. 

La comunicazione avviene solo tramite il profilo Instagram e i vestiti vengono venduti sull’e-commerce il mercoledì. 

Questo sistema crea grande interesse attorno al brand, perché le novità sono costanti e i pezzi limitati.

Lidl 

Nel 2020, la famosa catena di supermercati ha deciso di creare una propria linea di abbigliamento.

Forse non tutti sanno che i capi targati “Lidl Fan Collection”, sono nati dopo una precedente iniziativa del colosso tedesco, che offriva ai clienti la possibilità di vincere dei calzini, se si fossero recati in negozio per un selfie.

Ebbe talmente tanto successo che, dopo pochi mesi, sono usciti sul mercato cappelli, scarpe, magliette e ciabatte con i colori e il logo del supermercato, ad un prezzo davvero basso, quasi ridicolo.

Qui è stata la svolta: in poche ore si è registrato un imprevisto tutto esaurito e quei capi acquistati per pochi euro, sono stati ritrovati su EBay a cifre folli.

Ma perché funziona così bene questa tattica di mercato?

– Amiamo creare scorciatoie in un mondo così sempre complesso e frenetico.

È facilissimo determinare il valore di qualcosa in base alla disponibilità: se è rara, supponiamo che sia di qualità superiore e che valga ben più di un oggetto comune, facile da ottenere.

– Il principio di scarsità limita il numero di opportunità che abbiamo a disposizione. 

Diminuendo le opportunità, perdiamo la libertà di scegliere e noi siamo psicologicamente portati a reagire fermamente contro questa perdita (reattanza psicologica).


Francesca Bux

Classe 1984.

Veneta dal sangue pugliese, intraprendente, riservata e creativa.

Attenta nei confronti delle nuove tendenze della comunicazione, con un occhio di riguardo per le campagne pubblicitarie di impatto sociale, innovative e fuori dagli schemi.

Lettrice eclettica, viaggiatrice anche solitaria, dipendente dalla musica e dalle espressioni d’arte come la fotografia, la pittura e la moda.

Amante delle rappresentazioni teatrali, tradizionali e indipendenti.

Non ho un mio blog, ma amo scrivere in quello degli altri.




Art for free!

Created to geotag some artistic/ architectural beauties that do not require entrance tickets. Twitterlist composed of original pics by the twitter accounts @redattore_fuori or @AcsGregory. (plus some beautiful retweets + @googlemaps geotags) A @fuori_magazine project.




Think Global, act Local: è il momento del marketing territoriale.


di Francesca Bux

Sempre più spesso si sente parlare di “glocalizzazione”, intendendo una globalizzazione che invece di ignorare, sovrastare o addirittura eliminare le potenzialità offerte dal territorio, le esalta e utilizza per entrarci più consapevolmente, concentrandosi su una dimensione di business fatta di usi e costumi locali.

Ma come può essere identificata questa tendenza?

Think Global, act Local” è il motto coniato nei poliedrici anni ’80 da Akio Morita, cofondatore e presidente della Sony, che meglio rappresenta questa diversa idea di globalizzazione. Così dicendo, si vuol far capire come la tendenza sia quella di andare verso un abbandono della standardizzazione dei mercati, a favore di una vera e propria tutela delle realtà locali, mettendo in luce sfaccettature e caratteristiche.

Tutto il mondo è paese, insomma.

Al giorno d’oggi, svariate multinazionali stanno adottando questo modo di fare affari.

Pensiamo ad esempio a Netflix.

Con un pubblico davvero estremamente variegato, la multiculturalità rappresenta un valore aggiunto da sfruttare, che offre così anche la possibilità di cavalcare i trend su scala internazionale. 

Ed ecco quindi venir fuori successi come la “Casa de Papel”, serie TV spagnola che ha tenuto con il fiato sospeso milioni di persone in tutto il mondo, il nostro “Suburra”, uno dei simboli delle produzioni Made in Italy o ancora il campione di incassi britannico “Black Mirror”.

Un altro esempio sicuramente sotto gli occhi di tutti è dato dalla catena di fast food più famosa al mondo. 

Mc Donald’s fa della collaborazione con le realtà locali, con le associazioni e con i cittadini dei territori in cui è presente uno dei punti cardine della sua politica aziendale.

Basti pensare alle nuove ricette per panini firmati Giallozafferano, con ingredienti DOP e IGP che seguono la stagionalità dei prodotti, così da garantire anche la qualità dell’offerta e una continua promozione del territorio.

Volgendo lo sguardo all’estero, l’azienda aveva fatto la stessa cosa nel 2016 per il mercato indiano, quando lanciò il Chicken Maharaja Mac, un maxi burger a base di pollo, pensato apposta per andare incontro alle esigenze della tradizione locale, che impone di astenersi dalla carne di vitello.

Passando dal mercato di massa a quello del lusso, un gigante del settore come Louis Vuitton, sebbene abbia una salda posizione di leadership nel mercato del lusso in Cina e pur essendo presente nel Paese orientale con 47 negozi in 29 diverse città, si è trovato a dover adeguare la propria strategia a seguito della politica anticorruzione avviata dal presidente Xi Jinping, oltre che per la tendenza dei clienti del lusso di allontanarsi dalla ostentazione massiva di loghi.

Questo si è concretizzato con la riduzione della promozione di prodotti caratterizzati dal celeberrimo monogramma LV e l’introduzione di una linea “vintage”, creata specificatamente per quel mercato, utilizzando in un primo momento come brand ambassador, la celebre attrice e cantante pop cinese Fan Bingbing.

Successivamente, per smorzare la percezione che questa testimonial potesse impersonificare l’idea di un prodotto mass-market, venne scritturata Liu Wen, modella cinese di haute-couture, ma con residenza a New York, per una campagna di adv atta a promuovere la collezione Foulard d’Artistes.

Ultimo aspetto da considerare riguarda il fatto di come la glocalization venga tendenzialmente associata a un modello di business che mira soprattutto alla fidelizzazione del cliente. 

Il prodotto viene inteso nella sua totalità, comprendendo così anche i servizi di assistenza e manutenzione post-vendita: questo certifica un guadagno duraturo al produttore e spesso costituisce anche la parte più remunerativa dell’intero introito aziendale.


Francesca Bux

Classe 1984.

Veneta dal sangue pugliese, intraprendente, riservata e creativa.

Attenta nei confronti delle nuove tendenze della comunicazione, con un occhio di riguardo per le campagne pubblicitarie di impatto sociale, innovative e fuori dagli schemi.

Lettrice eclettica, viaggiatrice anche solitaria, dipendente dalla musica e dalle espressioni d’arte come la fotografia, la pittura e la moda.

Amante delle rappresentazioni teatrali, tradizionali e indipendenti.

Non ho un mio blog, ma amo scrivere in quello degli altri.