Fra la sella e la terra c’è la grazia di Dio.

Giulia Gellini_ Equino [2009]_tecnica mista.

Ilaria Corsi _

Amare i cavalli vuol dire capirli, sentirli, sognarli. 

Quando avevo dieci anni, un libro di cui ricordo bene la copertina ancora oggi, parlava di una storia ambientata in USA. Natalie, una giovane ragazza, obbligata a trasferirsi in una piccola cittadina rurale, iniziava un’amicizia particolare con il cavallo della fattoria accanto.

Li divideva uno steccato, ma il rapporto, e questo mi colpì molto, era davvero particolare, quasi fosse un vero e proprio amico per lei, al quale confidare le sue emozioni e turbamenti adolescenziali.

Natalie era una ragazza di città in tutto e per tutto. Adorava giocare, ridere con i suoi amici durante le feste di quartiere e fare viaggi nel negozio di fumetti locale per prendere l’ultima copia della sua serie di graphic novel preferita. Quando la mamma le disse di andare a vivere in campagna, fu inevitabile avere una crisi profonda che la portò ad isolarsi. Chi avrebbe mai voluto vivere nel mezzo di Nowheresville? Ma abituarsi alla sua nuova vita di provincia fu meno traumatico grazie al bellissimo cavallo, Ghost. 

Nowheresville fa parte di una serie di libri scritti da diversi autori che mettono in evidenza le relazioni uniche tra le ragazze e i loro cavalli.

Questo libro in qualche modo mi ha segnato ed ha influenzato la mia vita negli anni della adolescenza e della mia prima maturità.

Dunque, fin da piccola, ho sentito un amore smisurato verso questo animale. Crescendo questa mia passione non si è mai spenta e anzi,  è sempre stata un fuoco che anno dopo anno si è alimentato sempre di più. L’arrivo di Contigo un meraviglioso cavallo baio dal cuore d’oro, ha segnato l’inizio della mia esperienza e delle prime gare, le prime sconfitte ma anche le prime vittorie.  Grazie a lui ho capito cosa significa prendersi cura di un animale che conta solo su di te ed insieme a lui mi sentivo sicura, nulla poteva separarci. Tutte le storie hanno una fine, e la perdita di Contigo, è stato il mio primo enorme dolore.

Galopin JB un irrequieto, meraviglioso cavallo morello di 4 anni, ha in parte colmato il vuoto nel quale mi stavo perdendo. Con lui mi sono messa davvero in gioco, siamo cresciuti insieme ci siamo qualificati per gare importanti e le abbiamo anche vinte.



I cavalli sono animali empatici dai grandi occhioni, prendersi cura di loro richiede sacrificio, senso del dovere, amore, passione e non bisogna averne paura. 

Accarezzarlo, alimentarlo e cavalcarlo sono azioni che mi hanno portato negli anni un profondo stato di benessere psicofisico

Sono tutti capaci di inforcare una bicicletta e pedalare, ma in questo caso si tratta di lavorare in sintonia con un animale in quanto essere vivente con un suo pensiero e le sue giornate no, come tutti noi del resto.

L’ippoterapia ha origini empiriche antiche perché il cavallo, con le sue straordinarie doti di sensibilità, di adattamento, di intelligenza è ritenuto, da sempre, e non a torto, “straordinaria medicina”. 
L’uso dell’equitazione a scopo terapeutico ha avuto inizio già nell’opera di Ippocrate di Coo (460-370 a.C.), che consigliava lunghe cavalcate per combattere l’ansia e l’insonnia.

I benefici dell’ippoterapia dipendono in buona parte dalle caratteristiche fisiche e comportamentali del cavallo e, a differenza di altre terapie che utilizzano animali di piccola taglia, l’equitazione prevede una strategia di trattamento che riesce a trasferire integralmente al paziente, le sollecitazioni prodotte dal movimento tridimensionale del cavallo.

Il parallelismo tra la tridimensionalità del cammino umano e l’andatura del cavallo dà la possibilità a soggetti che non hanno mai camminato o che camminano con schemi motori scorretti, di trovarsi in una situazione paragonabile ad una deambulazione corretta e fisiologica, sperimentandone quindi gli effetti concatenati a livello del bacino, del tronco, e in generale degli arti superiori.

Questa Attività generalmente è programmata ed inserita all’interno di un più ampio progetto riabilitativo, e viene svolta da una serie di figure professionali come i medici specialisti, i terapisti della riabilitazione, gli istruttori di equitazione, gli operatori sociosanitari e gli assistenti volontari specificatamente preparati, motivo per cui viene praticata in un numero limitato di Centri Ippici in possesso di tutti i requisiti necessari.

Un altro beneficio è riscontrabile sulla reattività del sistema nervoso simpatico.

Paralisi cerebrali infantili, forme spastiche, deficit motori derivanti da traumi, sono tutte patologie che possono essere curate anche in sella. 

Il disciplinare tecnico è molto articolato e varia a seconda delle esigenze specifiche. Di fatto il paziente può salire sul cavallo da solo o con un accompagnatore, il cosiddetto maternage

Secondo uno studio pubblicato su Frontiers in Public Health da studiosi della Tokyo University of Agriculture il cervello dei bambini che vanno a cavallo avrebbe una reattività maggiore, in quanto le vibrazioni prodotte durante la cavalcata, risultano particolarmente efficaci nell’attivare tale sistema.

Per avallare questa tesi è stato condotto un esperimento nel quale un gruppo di 106 bambini di età compresa tra i 10 e i 12 anni, è stato sottoposto ad alcuni test prima e dopo aver cavalcato per 10 minuti su un pony e aver camminato a piedi per 10 minuti. Nel primo test ai bambini, dopo aver visionato per 200 millisecondi dei quadrati di colore rosso, giallo o blu su uno schermo, veniva richiesto di premere velocemente un tasto qualora sullo schermo fosse comparso il quadrato giallo o blu, e di astenersi invece con la comparsa del quadrato rosso. In questo test di tipo comportamentale è stata riscontrata la differenza più rilevante: 25 bambini su 54 (46,3%) hanno migliorato infatti il proprio punteggio dopo la cavalcata, dopo la passeggiata invece, soltanto il 26,9% è riuscito a migliorarsi.

Il secondo test, invece, consisteva nell’eseguire 30 addizioni tra numeri ad una sola cifra in rapida successione. In questo caso non ci sono state differenze rilevanti in termini di risultato, ma si è registrato che per il 72,2% dei bambini che erano stati a cavallo, la velocità di completamento del test era notevolmente migliorata. 

Ma perché il cavallo ha questo enorme potenziale? 

Io credo che tra uomo e cavallo si crea una connessione, una relazione che amplifica la capacità degli animali di trasmettere e stimolare emozioni. Loro hanno una spiccata vocazione sociale e chiunque abbia preso le redini in mano sa come il cavallo sia estremamente reattivo agli stimoli.

Cavalcare implica una sintonia con un’altra creatura, esperienza che tornerà poi molto utile anche fuori dal maneggio, ed associabile ad un potente antistress.

A questo si aggiunge anche l’attività effettuata a terra, il cosiddetto grooming, cioè il prendersi cura dell’animale attraverso la pulizia e la cura del suo mantello. 

Un’attività ad alto contatto che facilita la nascita di un rapporto emozionale tra cavallo e paziente. 

Il piacere e l’emozione nell’eseguire questi gesti di cura, aiutano a sviluppare competenze relazionali e amplificano anche i risultati motori ottenuti in sella.

Io ci ho messo del tempo per farmi accettare da questi esseri meravigliosi, e non ho  alcun dubbio che senza di loro, non sarei la donna che oggi sono.

Per ulteriori informazioni:

https://www.fise.it/


Nota sull’autore_

Ilaria Corsi, classe 1998, Laureata in Design della Comunicazione allo IED, ex campionessa giovanile di equitazione, categorie salto ad ostacoli e dressage, da sempre una sognatrice con una voglia indomabile di scoprire il mondo e lasciare un segno. Innamorata della creatività, del mondo degli eventi, con il sogno nel cassetto di riuscire un giorno a farsi “posto fra i grandi”. Espansiva, affettuosa, chiacchierona, solare, con la voglia di “spaccare il mondo”, sempre di corsa. Affascinata dalle persone che non hanno paura a dire la propria opinione che non si nascondono “dietro a un dito”, che non si fermano davanti a un “no” che si oppongono agli stereotipi e dell’opinione comune superficiale. Amante degli animali sostiene che “grazie a loro possiamo superare ogni nostra paura più grande, bisognerebbe parlare di più di come gli animali aiutino noi esseri umani a superare le nostre paure”.




Amleto Cataldi, lo scultore dannato / bannato.

Storie e leggende narrano come alcuni grandi pittori o scultori, nel corso delle loro vite sofferte e dedicate alla ricerca “matta e disperatissima” delle loro più genuine espressioni artistiche, abbiano sempre sdegnosamente rifiutato di (s)vendersi alle tendenze del momento o alle specifiche richieste di facoltosi committenti, riuscendo stoicamente a rimanere sempre duri, puri e fedeli alle loro convinzioni.
Se alcune volte tutto questo è davvero accaduto, non è certo nel caso di Amleto Cataldi (1882-1930), le cui vicende esistenziali ed artistiche risultano lontanissime da quelle – definiamole romantiche – di pittori come ad esempio Van Gogh, trascurato se non ignorato nel periodo di attività, per essere prima rivalutato e poi idolatrato da critica e pubblico, solo dopo la sua dipartita.

Al contrario, Amleto Cataldi, pur cresciuto modestamente nella bottega del padre intagliatore, si mise in luce fin da giovanissimo partecipando e vincendo numerosi premi di concorsi nazionali e internazionali…fino ad arrivare alla consacrazione parigina sigillata dagli elogi pubblici di tale Auguste Rodin, che qualcosa, in termini di modellato, doveva certamente capire.

Nel giugno 1909 fu indetto un concorso pubblico per la decorazione scultorea delle pile e delle testate di un ponte dedicato a Vittorio Emanuele II , a rappresentare “Le virtù del re”, che sarebbe stato inaugurato in occasione dell’Esposizione Universale del 1911, anno del cinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia. Un ponte intitolato al primo Re d’Italia, costruito per una occasione eccezionale di rilevanza mondiale, quindi. Ma la commissione non si fece condizionare dalla giovane età e dalla mancanza di notorietà del giovane autore. Complimenti quindi alla Commissione, per aver individuato un talento di tale portata. E complimenti, naturalmente, al nostro Amleto, che realizzò una vittoria alata in bronzo (l’unica con le braccia abbassate, tuttora “in situ”.

La sua attività è stata un susseguirsi ininterrotto di successi; commesse – pubbliche e private – esposizioni, biennali, fontane,
monumenti, decorazioni per edifici istituzionali sempre più prestigiosi, fino ad arrivare al coronamento dello Stadio
Nazionale di Marcello Piacentini con quattro gruppi di atleti in bronzo, davvero formidabili nella loro possente plasticità, anticipatrice di Botero.

Subito dopo questi magnifici lavori, Amleto incontrò la morte in età relativamente giovane e non sappiamo cos’altro avrebbe
potuto produrre; di certo la scultura allora perse un vero maestro, sul quale sarebbe lecito rintracciare qualche notizia in
più nei Musei e nelle pubblicazioni di Storia dell’Arte. Purtroppo, tranne qualche sporadica eccezione, non è affatto così:
tanto famoso in vita quanto oscurato post-mortem. “Colpevole” di aver attraversato splendidamente il periodo liberty, quello
ancor più elegante della secessione romana e quello dell’arte di regime; “colpevole” di essere sempre rimasto un artista
figurativo, disdegnando astrattismo e avanguardie di qualsiasi colore; “colpevole” – e questo, per certi critici da schieramento, è
il vero efferato delitto – di essere stato un vero classicista, focalizzando la sua ricerca sulla bellezza del corpo umano,
espressa con grazia femminile o potenza virile… fidatevi dei vostri stessi occhi, la nostra galleria fotografica parla forte e chiaro.

(cliccare sulle immagini per vederle per intero ed ingrandite)

Aggiornamento (gennaio 2024)

I nostri accorati appelli sul recupero della figura di Cataldi sembrano non essere gli unici: il 23 ottobre 2023 si è svolta una giornata di studi “Cataldi classico alla Sapienza”. Di seguito i video documentari

…e un “bonus” :

Aggiornamento (11 gennaio 2024)