Conosci te stesso e le tue emozioni.

Anna La Tati Cervetto_Decadence_tecnica mista.

di Christian Lezzi_

Conoscere se stessi, come se fosse facile, così presi dal quotidiano apparire, dall’ordinario essere (o, per lo meno sembrare) qualcosa che agli altri piaccia, per essere apprezzati, accolti, coinvolti nell’Io collettivo che tanto agogniamo.

Conoscere se stessi, come se fosse semplice da fare e non solo da dire, come se già non fossimo presi, oberati ogni momento, dal vuoto concetto, dal fuorviante miraggio dell’essere se stessi, qualunque cosa voglia significare questo arido modo di dire, seppur consapevoli che ogni azione, ogni pensiero, ogni molecola di umanità, ogni scintilla di vita che ci anima, come un potente propulsore che ci spinge fino alle stelle, ci conduce al miglioramento di noi stessi e del mondo intorno a noi.

Perché la vita è crescita continua – diversamente vita non è! – senza sosta e senza ristoro, per non accontentarsi di ciò che si è e per ambire a ciò che si vuole essere, che si vuole fortemente diventare, in un percorso (a ostacoli) che muove dallo stato attuale e ci conduce a quello desiderato.

Parliamo quindi di auto-coscienza e di auto-consapevolezza, la seconda come ovvia conseguenza della prima (e forse anche viceversa), di presa di contatto con se stessi, con le metaforiche fattezze celate in profondità, nell’intimo, necessarie a scoprire chi siamo, come siamo, quali obiettivi vogliamo raggiungere e quali vette vogliamo scalare. 

Coscienza e consapevolezza di se stessi e delle proprie emozioni, utili e necessarie a conoscere, prima di ogni altro aspetto, i nostri stessi limiti, le carenze che ci trasciniamo dietro, le lacune che ci rendono incompleti, i margini di miglioramento sui quali possiamo attivamente agire e adoperarsi per completare quel percorso di apprendimento ed elevazione che ci rende, per dirla con Lao Tse, non solo intelligenti, da conoscere gli esseri umani, ma anche saggi, da conoscere noi stessi.

Tutto il resto è una vita nell’illusione, nella più sterile aspettativa di ciò che non può essere, o che, in realtà è ben diverso da come lo immaginavamo, presi come siamo dal sogno che c’inganna e che ci porta fuori strada, dall’illusione soggettiva e superficiale che ci delude.

Occorre quindi, per conoscere se stessi davvero, lungi dall’inganno, conoscerle a fondo quelle emozioni, per imparare a gestirle senza ignorarle, senza rimuoverle o respingerle in profondità, per capirle e reagire a esse nel modo più consono e opportuno (che non è mai l’emozione, il problema, ma come noi reagiamo al suo palesarsi), indagando i motivi che le hanno generate, il perché di quel sentire, di quello stato d’animo, di quella rabbia o di quella tristezza, eviscerandole nella loro più realistica verità, soppesandone il vero carico e il reale peso, senza cedere alle nostre soggettive aspettative, per smontarle e depotenziarle, fino a riderci sopra e trasformarle in emozioni positive o, per lo meno, in qualcosa di meno potenzialmente pericoloso.

Ed è proprio qui la difficoltà: razionalizzare le proprie emozioni, ai confini della nostra natura emotiva, senza cadere nel grave e ormai ben noto errore di Cartesio, perché noi umani, nonostante il lascito intellettuale del filosofo francese (ad esempio il suo fuorviante cogito ergo sum) siamo esseri emotivi che pensano, non esseri razionali che si emozionano. 

E la differenza, a ben riflettere, è di vitale importanza.

Analizzare noi stessi, quindi. E le nostre stesse emozioni, allo scopo di superare l’abbaglio delle aspettative e del costrutto immotivato della nostra fantasia. Allo scopo, può essere utile e opportuno confrontarsi con gli altri, discutendo gli accadimenti secondo il nostro e il loro personale punto di vista, aprendosi al confronto più edificante, perché non sia solo la nostra miopia, o l’angolo d’osservazione sbagliato, a determinare il nostro sentire a proposito, ma l’attenta e corale analisi dell’insieme.

Impariamo, cammin facendo, ad apprezzarci. Impariamo a darcela, quella metaforica pacca sulle spalle, ad applaudire i nostri sforzi, ad apprezzare ciò che abbiamo fatto e come lo abbiamo fatto, festeggiando il risultato, seppur piccolo, che abbiamo raggiungo e conseguito, senza mai sminuirci, senza nicchiare, senza falsa e castrante modestia, senza dar per scontato il successo conquistato a fatica, per quanto piccolo e marginale esso possa essere. 

Che a darci addosso, ad additarci e auto-accusarci, a urlare contro noi stessi, a inveire contro i nostri stessi fallimenti, a darci degli idioti per ogni piccola mancanza, siamo fin troppo bravi!

Sono i piccoli passi, sommati nel tempo, a completare una maratona. L’insieme delle piccole attività, dei piccoli gesti sommati tra di loro, a portarci ai più grandi risultati. Anche a quelli che ritenevamo impossibili. Se non impariamo ad apprezzare quei singoli e apparentemente inutili passi, mai potremo apprezzare (e nemmeno concludere) il sovrumano percorso lungo 42 kilometri e 195 metri, che si snoda dalla partenza al traguardo dell’antica corsa.

Non è ciò che facciamo una volta sola nella vita, magari per caso o per fortuna, a dirci di noi e del nostro futuro. Solo ciò che sapremo rendere quantificabile, misurabile e ripetibile, saprà dirci dove possiamo andare e aiutarci ad andarci davvero. 

Se ti riesce una sola volta, hai avuto fortuna. Se puoi ripeterlo nel tempo, hai una strategia per il futuro.

Impariamo a capirle, quelle emozioni, non solo a comprenderne il perché, ma a valutarne l’intensità e l’incidenza sul nostro stato mentale, in funzione delle risorse a nostra disposizione, della fase della giornata che stiamo vivendo, delle energie di cui disponiamo in quel momento (la stanchezza è bravissima a esacerbare gli animi), del contesto generale e personale, in cui esse prendono vita. 

Estrapolato dal contesto, nulla ha più lo stesso significato. E ciò vale anche e soprattutto per le parole, che quelle emozioni sanno così bene descrivere e ingigantire nella nostra mente, nel bene e nel male.

Non può esservi felicità alcuna, se non impariamo ad apprezzarci, se non altro perché solo accettandoci potremo conoscerci meglio. Non c’è modo di migliorare qualcosa che non si conosce, come non c’è modo di migliorare chi si limita a essere ciò che è convinto di essere, tanto in senso diminutivo che accrescitivo, dando per scontato e per assodato che così sarà per sempre, per tutta la sua vita, perché lui così c’è nato! 

Conoscerci, interrogarci, apprezzarci, valutarci, stimolarci, premiarci, per superare le frasi fatte e continuare il cammino dentro noi stessi e nel mondo, lontani dalla frustrazione delle aspettative immotivate e della carente autostima, ben protetti dai colpi della vita, dai falsi miti e dai modi di dire avulsi dal contesto e dalla logica.

Sii te stesso, è lo stato attuale. Rappresenta ciò che sei qui e ora, dice molto di ieri e di oggi, ma ben poco (se non proprio nulla) di cosa potenzialmente tu potrai fare, diventare ed essere domani. 

Conoscere se stessi, nell’intimo più profondo, è la sfida più entusiasmante, quella che ci porta allo stato desiderato, che porta all’eccellenza (o, per lo meno, da quelle parti) con cognizione di causa.

Nel primo caso sarà una mera accettazione dello status quo, a vincolarci e a permetterci di essere solo in un certo modo, nel rifiuto più totale di crescere e di progredire, chiusi al cambiamento e alle novità. Nel secondo caso, avremo un punto di partenza, un campo base dal quale muovere la nostra scalata verso un Io migliore, evoluto, progredito, dalla mente aperta sempre alla ricerca, pronto a diventare davvero ciò che, da sempre, sognava di essere.

D’altra parte, non si fanno mille e mille corsi di formazione, che siano tecnici o di crescita personale, per rimaner se stessi, ma per conoscersi e imparare a migliorarsi, tirando fuori da noi stessi, con intelligenza e applicazione, la nostra versione migliore. In attesa di scoprire la prossima versione, quella ancora migliore!

Sii te stesso e la tua vita sarà pregna di frustrazione. Conosci te stesso e la tua intera esistenza ti ringrazierà!


Christian Lezzi, classe 1972, laureato in ingegneria e in psicologia, è da sempre innamorato del pensiero pensato, del ragionamento critico e del confronto interpersonale. 
Cultore delle diversità, ricerca e analizza, instancabilmente, i più disparati punti di vista alla base del comportamento umano.

Atavico antagonista della falsa crescita personale, iconoclasta della mediocrità, eretico dissacratore degli stereotipi e dell’opinione comune superficiale.
Imprenditore, Autore e Business Coach, nei suoi scritti racconta i fatti della vita, da un punto di vista inedito e mai ortodosso.