Virtuali comunità.

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di Mario Barbieri_

Leggo un pensiero di Zygmunt Bauman   


«Le comunità virtuali che hanno sostituto quelle naturali, creano solo l’illusione di intimità e una finzione di comunità.

Non sono validi sostituti del sedersi insieme ad un tavolo, guardarsi in faccia, avere una conversazione reale.

Né sono in grado queste comunità virtuali di dare sostanza all’identità personale, la ragione primaria per cui le si cerca.

Rendono semmai più difficile di quanto non sia già accordarsi con se stessi.»


Allora passo a cercare e trovo: 

COMUNITÀ
SIGNIFICATO: Gruppo di persone unite da rapporti e vincoli tali da formare un corpo organico; corpo morale.

ETIMOLOGIA: dal latino commùnitas ‘società, partecipazione’, derivato di commùnis ‘che compie il suo incarico insieme’, derivato di munus ‘obbligo’, ma anche ‘dono’, col prefisso cum-.

Dal che si potrebbe dire che il termine “comunità virtuali” suona come un ossimoro.

La virtualità (virtuale: potenziale, che non esiste in atto; possibile; simulato) di fatto annulla nel concreto ogni possibilità di comunità reale, laddove per reale possiamo pensare a tangibile, persistente, che accomuna, ma non attorno ad una piattaforma o ad un “contenitore” di vari ed eventuali interessi comuni (in realtà molto eterogenei all’interno di ogni “comunità virtuale”), ma che crea e mantiene viva una comunione tra individui tutt’altro che “virtuali”.

Di fatto tutti verifichiamo che le “comunità virtuali” (continuiamo pure ad utilizzare questo termine), sono piuttosto variegate, non di rado conflittuali, mutevoli per contenuti se non anche per contenitore. Questo almeno se ci riferiamo ai cosiddetti social, perché di comunità virtuali che ruotano attorno a singoli specifici temi o interessi, se ne trovano quante se ne vuole, ma in questo caso abbiamo solo l’utilizzo del “mezzo virtuale”, che ha sostituito mezzi più arcaici e certamente meno diffusivi del “pre-web”.

Credo poi si possa anche affermare che le comunità virtuali, abbiano una caratteristica basilare che è quella dell’egocentrismo inteso come visione e proposta di sé e l’egocentrismo, pur senza voler dare al termine un valore negativo in assoluto, è certamente una componente basilare e pregnante dell’individualismo.
Potremmo arrivare a dire che le comunità virtuali, i “social”, sono contenitori che per lo più presentato delle singole individualità o al massimo mettono in contatto individualità, che trovano interessi comuni (fugaci o relativamente duraturi) pur continuando a rimanere tali.

Si badi bene, non voglio affermare che sia tutto negativo, che nulla di buono o fattivo o concreto possa nascere, non sarebbe onesto e neppure nella realtà dei fatti, ma solo spingere ad una riflessione e alla distinzione fondamentale: fare parte di una comunità è altra cosa.

Di fatto la Comunità – con la C maiuscola appunto – presuppone singoli e singole individualità che si spendono per un’idea se non per un bene comune, al punto che l’individualità propria passa in secondo piano e, in taluni casi, gli appartenenti a determinate Comunità, sono facilmente riconoscibili come tali pur nelle loro singolarità (diversamente ci sarebbe plagio e massificazione).
La Comunità assiste, aiuta, protegge, si fa carico, proprio per via della com-unione.
Certo lo stesso non si può dire dei Social… al di là del dilagare dei cosiddetti “odiatori”, nessuno credo si aspetta di venir soccorso in un momento di crisi da Linkedin piuttosto che da TikTok, se non nel vano post di condivisione e per un attimo far puntare like e commenti su di sé (torna l’egocentrismo individualista), terminati – dopo brevissimo tempo – i quali, si ricade nell’oblio di una vita vissuta fuori da una qualsiasi Comunità concreta, come può essere molto semplicemente la Famiglia stessa.

Il vivere in una Comunità è spesso faticoso, è un “combattimento”, perché si tratta anche di un confronto e di dare “all’identità personale, la ragione primaria per cui le si cerca.” (di nuovo Bauman). 
Cresciamo e maturiamo nel confronto, confronto che non sempre significa “azione di forza”, più spesso significa introspezione, revisione di sé, accogliere le idee dell’altro nel bilanciare se non modificare le proprie.

Non è che questo non possa accedere in senso assoluto in una comunità virtuale, ma in genere accade a chi è già predisposto all’ascolto e possiede altre positive virtù dell’animo. Per lo più, come già o scritto, si vedono transitare virtuali presenze individuali dotate di granitiche certezze, di “capacità di engagement”, dispensatrici di saggi consigli che per altro hanno un preciso fine (se non è quello del venderci qualcosa): la sfuggente chimera del successo.
Chi non dispensa, è invece alla ricerca del proprio “momento di gloria” (personale o professionale) tenendosi appeso a quel pezzo di banda wi-fi che grazie a Dio esiste e ci è data in dote.
Salvo poi sparire gli uni e gli altri, quando la Comunità (vita?) reale – quale che sia e quali che siano gli accadimenti fausti o infausti – chiama, esige, si fa presente.

Insomma continuiamo a chiamarle “comunità virtuali” ma non confondiamo il virtuale con il reale.


Note sull’Autore_

Mario Barbieri, classe 1959, sposato, tre figli ormai adulti.
Appassionato di Design e Fotografia.

Inizia la sua carriera lavorativa come illustratore, passando per la progettazione di attrazioni per Parchi Divertimento, negli ultimi anni si occupa di arredamento, lavorando in particolare con una delle principali Aziende Italiane nel settore Cucina, Living e Bagno.

Blog:
https://ceuntempoperognicosa.wordpress.com/
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