La natura del futuro

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(Un racconto di Federico Fossi)

Appena la vidi, attraverso la finestra di vetro rettangolare che separava il corridoio dalla sua stanza, rimasi impietrito. La prima cosa che mi colpì furono i suoi occhi bravi, due stagni frizzanti di colore verde oliva.

Il naso esemplare, la bocca socchiusa in un sorriso ingegnoso, si dimenava sulla grande poltrona di stoffa chiara, segno che i pensieri spinosi avevano ceduto il passo al gioco. Non si accorse di me.

Mentre due rigagnoli di lacrime silenziose cominciavano a scivolare sul mio volto mi resi conto dell’estensione delle sue gambe, delle sue braccia, delicate e vibranti come giovani rami, elastici e armoniosi. I capelli, corti, si scomponevano e ricomponevano delicatamente in uno sfavillio biondo intenso del color del miele. Non avrei mai potuto vedere creatura più straordinaria di lei.

Non potevo conoscere con precisione la sua età, ma mi resi istantaneamente conto che erano troppi gli anni passati lontano da lei, almeno cinque, forse sei. Questa poteva essere la sua età.

Non posso dirti quanto tempo sono rimasto a contemplare quell’incanto smisurato. Ricordo solo che ad un tratto, quasi come per riprendere fiato, ho voltato il capo alla mia sinistra. Il dottor Alfa, che fino a quell’istante si era tenuto rispettosamente in disparte mi fece un cenno di comprensione con il capo e mi invitò a seguirlo nel suo ufficio. Mi incamminai stentatamente dietro di lui continuando a guardare verso la finestra rettangolare, sempre più piccola.

Non è facile spiegarti come mi sentivo in quel momento, era come se tutte le cellule del mio corpo stessero reclamando un diritto, quello del legame più forte, il diritto della natura. Il dottor Alfa mi fece accomodare e, dopo aver avvicinato la sua poltrona alla mia, si sedette a sua volta davanti a me.

“Come si sente?” mi domandò con tono rassicurante.

Non sapevo cosa dire, forse non avevo voglia di parlare con lui. Era un estraneo. Dopo qualche istante di pausa mi feci forza, deglutii a fatica, e cosciente del fatto che quell’uomo era lì per aiutarmi risposi: “… mi sento… è il giorno più importante della mia vita, cosa devo fare dottore?”

“ecco – mi porse un foglio di carta – riempia questo modulo adesso”

Burocrazia. Pensavo che da queste parti ne se fossero ormai liberati. Riempii il modulo con i dettagli personali richiesti, la data, e lo firmai. Era una semplice registrazione della mia visita, mi spiegò il dottor Alfa. “si, si… certo, capisco” risposi consegnando il modulo. In quel momento mi accorsi che ero nervoso e che anche io adesso, proprio come Lei, non riuscivo a stare fermo con le gambe, le mani, le braccia, i piedi, gli occhi.

“Posso offrirle un bicchiere d’acqua?”

“Grazie, si… si, grazie mille” risposi. Mentre bevevo il dottore si accomodò davanti al suo computer e digitò qualcosa sulla tastiera. Poi si alzò e tornò a sedersi davanti a me. “Si sente pronto per entrare?” mi domandò. 

“Sono pronto, andiamo.” dissi.

Seguii nuovamente il dottore nella semioscurità del corridoio. Non feci neanche in tempo a posare nuovamente gli occhi su di Lei che il dottor Alfa aveva già aperto la porta “prego, torno a prenderla fra venti minuti, vedrà che andrà tutto bene”, mi sorrise.

Entrai, sentii la porta che delicatamente veniva chiusa dietro di me. La bimba si irrigidì e mi guardò dritta negli occhi.

“Ciao piccola mia…”

“… sono… babbo”.

Alla Clinica 8, sulle alture di Bergmann, era possibile incontrare chi viveva in una dimensione alternativa.

Lei era mia figlia. Non era mai nata, ma era viva davanti a me. Ora.

(illustrazione dell’Autore)

Federico Fossi

(Sono nato a Roma nel 1969. Appena in tempo per vedere lo sbarco sulla Luna e Woodstock. Lavoro nella comunicazione per un’Agenzia delle Nazioni Unite e nel tempo libero mi piace disegnare, dipingere, e a volte anche scrivere)

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