Amleto Cataldi, lo scultore dannato / bannato.

Leggende narrano di alcuni grandi pittori o scultori che nel corso delle loro vite sofferte e dedicate alla ricerca “matta e disperatissima” delle loro più genuine espressioni artistiche, abbiano sempre sdegnosamente rifiutato di (s)vendersi alle tendenze del momento o alle specifiche richieste di facoltosi committenti, riuscendo a rimanere sempre duri, puri e fedeli alle loro convinzioni.
Alcune volte ciò è davvero accaduto; altre no, e sicuramente non nel caso di Amleto Cataldi (1882-1930), le cui vicende esistenziali risultano lontanissime da quelle – definiamole romantiche – di pittori come ad esempio Van Gogh, trascurato se non ignorato nel periodo di attività, per essere prima rivalutato e poi idolatrato da critica e pubblico, solo dopo la sua dipartita.
Al contrario, Amleto Cataldi, pur cresciuto in povertà nella bottega del padre intagliatore, si mise in luce fin da giovanissimo partecipando e vincendo numerosi premi di concorsi nazionali e internazionali, fino ad arrivare ad una consacrazione parigina sigillata dagli elogi pubblici di un certo Auguste Rodin, che qualcosa, in termini di modellato, doveva certamente capire.
La sua attività è stata un susseguirsi ininterrotto di successi; commesse – pubbliche e private – esposizioni, biennali, fontane,
monumenti, decorazioni per edifici istituzionali sempre più prestigiosi, fino ad arrivare al coronamento dello Stadio
Nazionale di Marcello Piacentini con quattro gruppi di atleti in bronzo, davvero formidabili nella loro plasticità.
Subito dopo questi magnifici lavori, Amleto incontrò la morte in età relativamente giovane e non sappiamo cos’altro avrebbe
potuto produrre; di certo la scultura allora perse un vero maestro, sul quale sarebbe lecito rintracciare qualche notizia in
più nei Musei e nelle pubblicazioni di Storia dell’Arte. Purtroppo, tranne qualche sporadica eccezione, non è affatto così:
tanto famoso in vita quanto oscurato post-mortem. “Colpevole” di aver attraversato splendidamente il periodo liberty, quello
ancor più elegante della secessione romana e quello dell’arte di regime; “colpevole” di essere sempre rimasto un artista
figurativo, disdegnando astrattismo e avanguardie di qualsiasi colore; “colpevole” – e questo, per certi critici da schieramento, è
il vero efferato delitto – di essere stato un vero classicista, focalizzando la sua ricerca sulla bellezza del corpo umano,
espressa con grazia femminile o potenza virile… fidatevi dei vostri stessi occhi, la nostra galleria fotografica parla forte e chiaro.
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